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«La traduzione italiana riesce a trasmettere questo legame tra il linguaggio e il corpo, l’ironia della narrazione di alcuni episodi e la complessità di un personaggio come Charles, solo all’apparenza apatico, ma che sa coinvolgere con i suoi ricordi e la sua sfida tutta personale il pubblico di lettori. Alla traduttrice italiana va il merito di aver reso in un bell’italiano la lingua non sempre facile, ma incredibilmente affascinante e coinvolgente di Ulrike Drasner.»
«Con uno strumento meno adeguato di quello che possiede Daull, il patetismo sarebbe probabilmente risultato insostenibile, per l'autrice e i suoi lettori. Un'inaspettata ironia scorre invece sotto il tessuto della narrazione, a bilanciare e scardinare al tempo stesso la tensione drammatica; la lingua - a cui la traduttrice Cristina Vezzaro sa rendere giustizia - testimonia una ricerca meticolosa, una volontà di precisione che si trattiene tanto dall'enfasi melensa quanto dall'accanimento.»
«Abituati da tempo a una corriva e spesso poco reticente scrittura del dolore, tanto più apprezzata se validata dal marchio di "storia vera", fa un certo effetto imbattersi in un romanzo che tratta di un tema emotivamente straziante, come la violenza sessuale, accennandolo appena, tanto da arrivare a metà libro perché il fatto si chiarisca e si dipani. Parliamo di Donna blu, di Antje Rávik Strubel, pubblicato da Voland nella bella traduzione di Cristina Vezzaro.»
«Chi è la donna che compare improvvisamente alla protagonista del nuovo romanzo di Antje Rávik Strubel? Chi è questa donna misteriosa che arriva in prossimità del mare e che travolge il vissuto di Adina portandola verso altre riflessioni, altre immagini? È un mistero che bisogna conoscere prima di approcciarsi a questo seducente libro, composto con eleganza e raffinatezza da Antje Rávik Strubel e tradotto per Voland dalla perfetta Cristina Vezzaro.»
«“Donna Blu” di Antje Rávik Strubel è un romanzo coinvolgente e affascinante, pubblicato nel 2023 e tradotto con maestria da Cristina Vezzaro.»
«Bene ha fatto, il Literaturinstitut di Lipsia - prestigiosa scuola di scrittura letteraria - a reclutare Ulrike Draesner (n. 1962) per una docenza sul campo: quanto questa prolifica e pluripremiata autrice sia infatti esperta nella costruzione di testi che procedono per incastro di generi a registri variabili, appare ne La traversata in una forma esemplare, mediata dall'agile traduzione di Cristina Vezzaro.
Il romanzo è montato su un duplice binario narrativo: una estenuante traversata a nuoto della Manica e la sottile anamnesi psicologica del nuotatore che rivanga nella memoria la sua storia sentimentale. Va subito detto che la scrittura risuona di frequenti corsivi in lingua inglese, vibranti di un gustoso, autoironico mimetismo "british", inserti a cui Vezzaro dedica un'acuta Postfazione
.»
«Con La sutura, edito da Voland e tradotto dalla bravissima Cristina Vezzaro, [Sophie Daull] ricompone un pezzo alla volta la vita della madre Nicole, ricucendo con l'ago e filo della memoria, con poche fotografie, una lettera sbiadita, alcune buste paga, sette cartoline, stipate in una scatola di scarpe, ripercorrendo i luoghi d'infanzia della giovane Nicole.»
«Dice bene Cristina Vezzaro, abilissima traduttrice: «Dopo il trauma del femminicidio perpetrato ai danni della madre, dopo il trauma della morte improvvisa della figlia sedicenne Camille, a distanza di anni sorge così un bisogno di ricostruzione, che è anche bisogno di identità». 
Daull conquista la propria identità anche grazie alla lingua, «a una scrittura che scava senza insabbiarsi, accarezza senza essere mielosa, incide senza uccidere…». 
Grande scrittrice Sophie Daull, ottima traduttrice Cristina Vezzaro.»
Image by Matheo JBT
«Dopo nove anni rispetto a quando questi racconti uscirono in Francia - nel 2013 si aggiudicarono il Prix Goncourt de la Nouvelle - Del Vecchio pubblica Lo strano caso dei pantaloni di Dassoukine.
La raccolta firmata da Fouad Laroui - dieci piccoli capolavori tradotti con la consueta bravura da Cristina Vezzaro - anticipa quelli che saranno, di fatto, i temi trattati dallo scrittore marocchino francofono negli altri suoi romanzi .»
«Protagonista e interlocutore si raccontano in prima persona, senza alcun virgolettato che aiuti il lettore a comprendere chi realmente stia parlando: costringendolo così a penetrare l'anima dei personaggi imparando a riconoscerne il fraseggio. Proprio attraverso lo sforzo di comprensione causato da una scelta stilistica così inusuale, resa perfettamente dalla traduzione di Cristina Vezzaro, approfondiamo la conoscenza di un personaggio vinto e titanico al tempo stesso.»
«Ma il racconto forse più bello è Dislocation, il titolo in francese, che la brava traduttrice Cristina Vezzaro ha reso con un neologismo ferrantiano, Smarginatura.»

«La narrazione è corale, mette insieme la forza di tre donne, a partire da quella della protagonista Helen e del suo sguardo sull'umanità, il mondo, le cose. Poi la potenza di visione dell'autrice Obexer, e infine la capacità di restituirla in italiano della bolzanina Cristina Vezzaro, traduttrice e curatrice del romanzo.»
«Sophie Daull costruisce un dispositivo letterario implacabile in cui si scopre la violenza delle parole nel suo ultimo libro dal titolo “Il lavatoio”, tradotto con sapienza e oculatezza stilistica da Cristina Vezzaro e pubblicato dall’editrice Voland.»
«La scrittrice e attrice francese Sophie Daull, con Il lavatoio, suo terzo libro, ha conquistato meritatamente il Premio dell’Unione Europea per la letteratura: grazie all’attenta e precisa traduzione della brava Cristina Vezzaro, possiamo leggere in Italia un libro molto particolare, dalla struttura quasi ermetica, tra finzione e biografia, quella della sua vita, quando a soli vent’anni perde la madre, vittima di un omicidio e successivamente la figlia adolescente per una malattia.»
Image by Matheo JBT
«Leggere è una goduria quando si incontrano racconti così piacevoli come questi di Laroui. Splendidamente tradotti da Cristina Vezzaro che ha mantenuto il tono surrealista dell'autore, i racconti ci fanno sorridere con intelligenza.»

Image by Matheo JBT
«Nella sofisticata traduzione di Cristina Vezzaro esploriamo una lingua spezzata ma elegante, rotta come i legami emotivi tranciati da una coltellata e intrisi di sangue. Sophie Daull non è una semplice narratrice ma un’artista della composizione, come i giardinieri francesi innesta nel testo il punto di vista dell’ex detenuto e la figlia della vittima, il risultato è un’oasi di visioni grottesche, malate, terribilmente umane.»

«La scrittura di Wondratschek frantuma le immagini che evoca, è una forma ibrida tra sceneggiatura cinematografica e didascalia drammaturgica (qui restituita dalla brillante traduzione di Cristina Vezzaro). L’incontro d’esordio avviene in un caffè, nel cuore di un’Europa che assume i riverberi di quella raccontata da Hemingway, ma con il sussulto di un film di Godard (in particolare si ripensa alla prima sequenza di 2 ou 3 choses que je sais d’elle).»
«Sembra quasi un gioco teatrale, bizzarro e imprevedibile. L’incontro in un caffé di Vienna fra un giovane scrittore e l’anziano pianista Suvorin, una celebrità ormai dimenticata, si trasforma nel romanzo di Wolf Wondratschek, Autoritratto con pianoforte russo, edito da Voland nella scorrevole traduzione di Cristina Vezzaro, in una confessione incalzante e sconfinata. Due voci che si fondono nel monologo del musicista perso tra i fantasmi del passato e i frammenti di un racconto senza inizio né fine, lungo una vita di successi in giro per l’Europa, a Londra e Parigi, e di profonde malinconie. Ma anche un itinerario fra geni musicali, da Bach a Schönberg, rievocati da una fantasia estrosa e giullaresca a cui Wondratschek, nato a Rudolstadt in Turingia nel 1943, è sempre rimasto fedele.»
«Quello che lui racconta ha dello straordinario; [...] da mettere in luce è lo stile di Wondratschek, che è stato un autore anche d'avanguardia: le frasi sono molto brevi, quasi una cadenza musicale. Il traduttore ha fatto un lavoro egregio, secondo me, perché il racconto, la confessione di Suvorin è una sorta di partitura musicale.»
«Nella fedele traduzione di Cristina Vezzaro, un romanzo da assaporare e metabolizzare con la parsimonia che si deve alle opere importanti.»
Image by Matheo JBT
«Può esserci Europa solo se le immigrazioni diventano visibili, se le storie degli immigrati entrano a far parte del patrimonio narrativo comune. Solo se l’Europa si riflette in loro». Maxi Obexer, drammaturga, scrittrice, saggista ha scritto “La prima estate dell’Europa”, tradotto magistralmente da Cristina Vezzaro, nel 2015 quando è diventata cittadina tedesca e Angela Merkel ha deciso di aprire le frontiere del suo paese ai profughi siriani. Due storie di immigrazione molto diverse ma che condividono sentimenti comuni: «Per stabilirsi bisogna aver percorso una strada, dal tuo paese di origine verso un altro. E ogni strada che percorri ti cambia, a ogni passo. In più non la percorri in una sola direzione, la percorri avanti e indietro. Ogni volta perdi qualcosa, ma quello che perdi resta con te e ti diventa caro. Certo, tutto ciò che ti è caro ti rende vulnerabile».
«La vecchia signora del riad è un romanzo godibilissimo che avvicina con facilità all’autore (io ho in animo di leggere gli altri suoi libri) e lancia i giusti spunti per approfondire alcune tematiche. Molto bella la nota della traduttrice in fondo al romanzo “La scatola nera del traduttore” che aiuta a comprendere quale sia stato il processo di traduzione del testo e il rapporto con l’autore che è molto generoso e estremamente sensibile al corretto uso della lingua per consentire a noi lettori italiani di cogliere al meglio ogni sfumatura.»

«Io ho un sogno: più romanzi di Fouad Laroui per tutti. In questi giorni di quarantena, ansie, e varie e innumerevoli paranoie mentali, l’unica cosa che mi ha risollevato il morale è stata la lettura di La vecchia signora del riad, ovvero l’ultimo romanzo di Laroui ad essere pubblicato in italiano, sempre con l’ottima traduzione di Cristina Vezzaro (da leggere la sua Nota sulla traduzione a fine libro) e sempre per le ottime edizioni Del Vecchio.»

«Cos’è rimasto, nella memoria collettiva europea, di ciò che è accaduto nell’estate 2015? Quella che è stata chiamata un po’ impropriamente “crisi dei migranti”, mentre non fu che l’intensificarsi per gravi ragioni geopolitiche e gestito in forme maldestre a livello continentale, di una pratica che muove e definisce l’umanità fin dalle sue origini?
 
Si sarebbe dovuto parlare piuttosto di “crisi dell’Europa”, poiché fu allora che emerse una carenza sostanziale del progetto politico chiamato Ue, costretto a confrontarsi, oltre che con un’ondata immigratoria di un’intensità senza precedenti, con la recrudescenza di un nazionalismo razzista e votato alla demagogia populista.
 
Di questo e molto altro tratta, in 130 pagine molto dense, il saggio autobiografico della scrittrice altoatesina Maxi Obexer, La prima estate dell’Europa (ed. alpha beta, Merano), nella riuscita traduzione di Cristina Vezzaro, bolzanina di madrelingua italiana oggi di stanza a Torino.»
Laroui, conosciuto nel panorama editoriale italiano fin dal 2013, sempre con le edizioni Del Vecchio e l’impeccabile traduzione della Vezzaro,  ci presenta quest’anno “La vecchia signora del riad”, già pubblicato in Francia nel 2011.
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